Nel nome della cocaina. La droga di Perugia raccontata dagli spacciatori
Come funziona davvero il mercato della droga di Perugia? Quali sono le dinamiche dello spaccio? come si muovono e con quali relazioni sul territorio gli spacciatori che hanno fatto del capoluogo umbro una delle capitali europee della droga? Per la prima volta un' inchiesta racconta il mondo della droga dall'interno, attraverso interviste ai signori della cocaina
Se si vuole trovare un inizio, nemmeno tanto simbolico, una data che rappresenti l'anno zero, quando la criminalità straniera ha dato un segnale chiaro di come aveva serie intenzioni di mettere radici in Umbria e, in particolare a Perugia, allora quell'anno è il 1996: è l'anno in cui cominciano le più importanti operazioni di polizia, i segnali che il tessuto criminale dell'Umbria, prima rappresentato da malavita locale, stava cambiando trama. E', soprattutto, il primo segnale tangibile che i cambiamenti sociali ed economici hanno una ricaduta precisa e concreta nella vita delle nostre città , provocano modificazioni anche nel nostro quotidiano, a volte impercettibili, ma continue oppure deflagrano lungo lo scorrere delle nostre vite anche con effetti devastanti. A cambiare è, inizialmente il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione. E tutto avviene in un tempo relativamente breve. Secondo le indagini della polizia è tra il 1996 e il 1997 che spariscono dalla strada le mercenarie abituali e le strade cominciano a riempirsi di ragazze in vendita che provengono da paesi stranieri: una sorta di passaggio da uno sfruttamento della prostituzione a livello artigianale a uno su larga scala. Non cambia, però, solo la quantità dei corpi in vendita, ne cambia anche la provenienza, il reclutamento, la gestione. Personalmente provo molta amarezza quando sento ancora oggi definire la prostituzione come il più antico mestiere del mondo: ritengo che sia l'ostetrica il più antico mestiere del mondo e, al contrario, la prostituzione la più antica violenza dell'uomo sulla donna. Se questo è comunque un mio modo personale di vedere le cose, è un dato ormai storico, sancito anche dal tribunale di Perugia, che ha emesso sentenze di condanna <in nome del popolo italiano> per sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù, che lungo le strade di Perugia, negli appartamenti della periferia, c'era qualcosa che stava cambiando: quelle ragazze straniere, sempre più giovani e private di ogni diritto erano vittime di una nuova forma di schiavitù. Portate in Umbria dai paesi poveri dell'Europa e dell'Africa, soprattutto dalla Nigeria, con l'inganno e la violenza, private dei documenti, del nome, di quasi ogni libertà personale, trasformate in corpi in vendita, quelle ragazze, spesso minorenni, diventano semplicemente una merce, macchine per fare soldi per i loro sfruttatori. Più d'una ne è morta, anche in Umbria, nell'indifferenza generale, (e forse non è un caso che i nomi dei loro assassini non siano ancora conosciuti) mentre i loro sfruttatori hanno fatta cassa vendendo i corpi delle donne e hanno poi re-investito quel denaro sicuramente in droga e, probabilmente, anche in armi e nell'incrementare il circuito della compravendita di corpi.
Non è un caso che fossero esponenti della criminalità albanese e nigeriana i padroni delle ragazze e che oggi troviamo ancora loro ad avere il ruolo predominante nel livello intermedio della criminalità dedita al traffico di droga, quello di grossisti, di coloro cioé che portano a Perugia da uno a due chili di droga per viaggio.
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